I 5 «motivi di preoccupazione» dell’ IPCC
I 5 «motivi di preoccupazione» sono stati tematizzati, e pubblicati a partire dal 2001, dal Working Group II dell’IPCC (con il c.d. TAR), dopo la constatazione del fallimento dell'obbligo indicato dall'art. 4 n. 2, lett. a), dell'UNFCCC, riferito ai paesi industrializzati (ovvero il ritorno, entro il 2000, ai livelli di emissione precedenti il 1990).
Essi intendono fornire informazioni utili a determinare in che cosa consista concretamente la «pericolosa interferenza di origine antropica» sul sistema climatico, che l’UNFCCC ha l’obiettivo di eliminare e controllare nel tempo, in base all’art. 2.
Le cinque tipologie di preoccupazione sono:
- gli ecosistemi unici e minacciati;
- la frequenza e severità degli eventi climatici estremi;
- la distribuzione globale e l’equilibrio degli impatti;
- gli impatti economici ed ecologici totali;
- le transizioni improvvise e irreversibili su larga scala.
Nel sesto Rapporto (AR6), i rischi per tutti e cinque i motivi di preoccupazione sono stati identificati con attendibilità “molto alta” per un aumento delle temperature tra 1,2°C e 4,5°C. Nel Quinto Rapporto (AR5), per lo stesso intervallo di temperature, l’attendibilità “molto alta” dei rischi riguardava soltanto due di questi.
In base all’Emission Gap Report 2022 dell’UNEP, l’attuale sistema di decisioni sul sistema climatico proietta il sistema Terra verso un aumento della temperatura media di 2,7°C. In tale proiezione (riscaldamento compreso tra 2°C e 3°C), l’attendibilità dei rischi per le cinque categorie di preoccupazione è valutata “alta” o “molto alta”. La proiezione è stata confermata al primo "Global Stocktake", pubblicato nel 2023 in applicazione dell'art. 14 dell'Accordo di Parigi.
Questo scenario oltre i 2°C è “Bad-to-Worst”, in quanto comunque capace di attivare i c.d. «tracolli a cascata», nel contesto di superamento dei Planetary Boundaries.